Ho avuto una nonna, mamma di quattro bambini in età infantile nel tempo della passata guerra quando, pur se lontani dal fronte, tutto il nostro territorio nazionale soffriva anche di fame alimentare.
Mi raccontava che, nel ritornare con i piccoli verso la sua umile casa, non avendo risorse alimentari per il giorno, si accorse che nella roggia (piccolo canale) galleggiava una gallina, la quale evidentemente vi era caduta dentro annegandovi; le sembrò una manna del cielo e, senza esitare, entrò scalza nell’acqua gelata fino alla cinta; trasse a sè con un ramo la gallina che finì in pentola per fare un buon brodo caldo a ristorare i bambini.
Questo episodio, che tutt’ora mi commuove nel ripensarlo, mi suscita disappunto di fronte alle parole, a volte sconsiderate ed indifendibili, di persone che si fanno scrupolo di consumare “adesso” cibi ad esempio: carni, uova, formaggi, alimenti che sono sempre stati alla base del nostro sviluppo ed evoluzione.
Ho scelto il Il titolo del mio post sul tema della fame, riprende una frase da: Questi fantasmi atto II di Eduardo De Filippo che recita:
Cu’ ‘a panza vacante, Mari’? Cu’ ‘a panza vacante, Mari’, ‘e sense se perdeno… Giulietta e Romeo dovevano essere ricchissimi, se no dopo tre giorni se piglià veno a capille.
 Buona Pasqua!