Si chiamava “la papalina” per la forma tondeggiante ed il bianco dello zucchero a velo che richiamava il copricapo bianco del Papa, era simile al pan di Spagna, soffice, esposta in vetrina nel negozio degli alimentari. Quando era possibile, non più di una volta alla settimana, andavo a comperarla per fare merenda a scuola, con il gusto di assaporarla durante l’intervallo, al posto del frutto consueto.
Negli anni 50 o poco più, la colazione dei bambini era molto più frugale di adesso; nel latte aromatizzato con l’orzo Leone del tempo, si inzuppava il pane biscottato nel fornetto della stufa economica che quasi sempre al mattino era appena tiepida e si era già spenta durante la notte. Nel mio caso i genitori erano già al lavoro ed era la nonna ad occuparsi di farmi sorbire il latte caldo e mentre bevevo m’intrecciava i capelli per fare presto ad andare a scuola, a piedi naturalmente.
Che dire sembra di essere Matusalemme a ricordare queste cose, ma non sono poi così lontane, solo che i bambini di oggi non le conoscono; anche le nonne oggi vivono il presente e vanno sui social.