La febbre ceduta al gelso

Quando la produzione della seta era intensa anche Verona, l’albero di gelso ha goduto di notevole interesse; leggendo un po’ di storia al tempo della Verona ottocentesca, si trovano riportate curiose superstizioni dell’epoca legate a questa pianta, si legge infatti che per liberarsi dalla febbre alcuni “la cedevano”, per così dire, ad un albero di gelso, legandovi il proprio braccio con una funicella per una mezz’ora.

Per noi invece “non essendo inclini alle superstizioni” sono interessanti le more prodotte da questa bella pianta le cui infruttescenze ossia le more del gelso, siano esse bianche o nere, dolcissime ottime per preparare buonissimi dolci. Le more del gelso si trovano in commercio essiccate e confezionate pronte per l’uso. Con esse si possono preparare anche creme, budini, biscotti, marmellate, gelati etc. avendo ottimo risultato. Anche il risotto è da provare con le more bianche disidratate del gelso: serve il riso sfumato nella casseruola con 2 bicchieri di vino bianco ( meglio se secco frizzante), 50 g di more bianche, latte molto caldo da versare gradatamente sopra il riso a mestolini, 2 cucchiai da tavola di formaggio padano da inserire all’ultimo minuto di cottura insieme ad una noce di burro.

Se si desidera si possono lessare leggermente le more in acqua bollente, frullarle con la loro acqua, passarle su un colino indi versarle nel riso così a crema.

Note da: Il Tempo e la Storia n. 8/I segni della Verona ottocentesca (Cassa di Risp. VR VI Belluno ed Ancona spa)VR1994

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